Il pensiero assume spesso le sembianze
di un fastidioso e puntiglioso investigatore …
Egli, con petulante insistenza,
insegue il sospettato a tutte le ore …
in ogni più inopportuna circostanza,
costretto alle strette dalla propria coscienza,
rinunciando alla presunzione d’innocenza,
c’è qualcuno o qualcosa, dentro di noi,
che sempre ci mette in guardia
perché, dunque, non approfittarne
per rendere più semplice la nostra esistenza?
INGIUSTIZIE
<<Quando siamo gli autori, i testimoni od i complici di un’ingiustizia, non possiamo ignorare la voce interiore (l’investigatore) perché altrimenti stiamo male. Ci accorgiamo che è meglio essere in disaccordo con gli altri, piuttosto che con noi stessi, e che è meglio subire un torto piuttosto che commetterlo. Non c’è nulla di peggio per un essere umano che sentire il disprezzo per la propria persona. L’unico modo per sfuggire a questa insistente tortura del pensiero è mentire a noi stessi e trovare degli escamotage per giustificare la nostra arrendevolezza. Ma è una via che non porta mai ad una vera tranquillità. Un anestetico non cura mai definitivamente l’inquietudine, che si ripresenta, fastidiosa, sotto altre forme. Soltanto la consapevolezza riporta all’equilibrio. Si può anche rimanere impuniti di fronte ad un delitto, ma la memoria privata, nelle sue svariate forme, non ci abbandona mai. Ci si sente leggeri e sereni solo quando non si ha nulla da rimproverarsi, altrimenti il ricordo diventa opprimente. E quello è il vero carcere.>>
(Riflessione ispirata dalla lettura del libro di Gabriele Nissim, “La bontà insensata”)
C’è chi mi ha detto che trova interessante
questa mia semplice riflessione …
Lo so, non mi crederete … probabilmente …
http://serpente-piumato.blogspot.it/search?q=credete
ma a rafforzare questa mia convinzione
ho trovato tanta altra gente …
tra cui, anche, incredibil-mente … un vero …
http://serpente-piumato.blogspot.it/search?q=testimone